La politica prende posizione riguardo il decreto ministeriale che sostanzialmente raddoppia le giornate di fermo per la pesca a strascico. «Un errore - scrivono in una nota i consiglieri regionali Jonatan Montanariello e Francesca Zottis - che rischia di compromettere il futuro di tante imprese ittiche. Ci faremo carico, anche tramite i parlamentari, non appena si insedierà il nuovo governo di rinnovare le istanze di un settore fondamentale per l’economia veneta, che non può essere affossato”. «È doveroso tener conto della salvaguardia ambientale - concludono i due esponenti dell'opposizione a palazzo Ferro Fini - ma non si può prescindere dalla difesa del lavoro».
Anche Marco Dolfin è contrariato dalla norma, che prevede uno stop di 30 giorni per le barche inferiori ai 24 metri e di 40 per quelle di lunghezza superiore: «Una decisione scellerata, che non aiuterà certo a tutelare l’ambiente. L’unico risultato sarà danneggiare le imprese del settore ittico, la cui sopravvivenza è davvero messa a rischio, e con essa la buona salute di tutta la filiera alimentare. Per questo ho presentato una mozione per chiedere alla giunta regionale del Veneto di farsi portavoce per aprire un tavolo di discussione e cercare di far cambiare idea a chi ha fatto questa scelta». Le giornate di pesca ridotte copriranno un arco temporale di 4 mesi: «Troppi affinché questa attività sia ancora redditizia. Negli altri Paesi europei non vi è alcun decreto del genere», conclude Dolfin.
Sul fronte sindacale, la FAI CISL è fortemente preoccupata per il decreto: «Una decisione sbagliata – commenta il segretario Pierpaolo Piva – che mette in forte difficoltà la sopravvivenza delle imprese e la ricaduta occupazionale. Si tratta di accanimento normativo, non ha niente a che fare con gli stock ittici». Piva ricorda come, della misura, mai si fosse parlato in sede di tavolo permanente della pesca e dell’acquacoltura: «L’auspicio è che il nuovo ministro Patuanelli riconvochi il tavolo con le parti sociali, dove spiegare la riduzione dello sforzo di pesca e garantire un ammortizzatore sociale strutturato per il settore». Quest’ultimo è un obiettivo storico del sindacato: «Quando un’impresa è in crisi – conclude Pierpaolo Piva – ci sono gli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Non è così per la pesca, dove non c’è niente, salva l’indennità di fermo pari a 30 euro lordi, ovvero 20 netti: una miseria».
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