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giovedì 12 ottobre 2017

22 OTTOBRE, UN REFERENDUM "INUTILE, GENERICO E STRUMENTALE": LA SINISTRA INVITA ALL'ASTENSIONE

Il referendum consultivo organizzato dalla Regione Veneto per chiedere più autonomia è fissato per il 22 ottobre e, nell'approssimarsi della data, si intensificano gli incontri organizzati dalle varie forze politiche per spiegare le rispettive posizioni e motivazioni alla cittadinanza. Dopo la spiegazione del professor Mario Bertolissi alla pinacoteca SS.Trinità, giovedì sera nella sala conferenze del Museo civico si sono radunate le liste di sinistra, concordi nell'invitare all'astensione: l'incontro, organizzato dal circolo di Rifondazione Comunista e da Sinistra Italiana, ha visto jna discreta cornice di pubblico e la partecipazione di Mattia Orlando (segretario regionale di SI), Piero Ruzzante (consigliere regionale del Movimento Democratico e Progressista), Paolo Benvegnù (neoeletto segretario veneto di Rifondazione) e Matteo Broglio del comitato “Veneti per l'astensione”.

Broglio ha esordito rimarcando la genericità del quesito, e ricordando come «il Veneto ha cercato nel 2014 di far passare un referendum per l'indipendenza, con la legge 16, bocciato dalla Consulta che invece ha ammesso la legge 15 ovvero quella che autorizza al referendum per l'autonomia nell'alveo dell'unità nazionale». La spesa regionale per allestire i seggi, pagare gli scrutatori e comunicare la consultazione si aggira, sostengono i “Veneti per l'astensione”, attorno ai 14 milioni di euro.

Orlando ha notato come negli anni Novanta il centrosinistra si era occupato di autonomie e federalismo, mettendo in guardia dall'appoggiarsi alla suggestione catalana: «Sono cose assai diverse, questo referendum è campagna elettorale anticipata per Zaia e la Lega, pagata dai veneti. Una parte stessa della maggioranza regionale la sta mandando giù per forza». Sinistra Italiana intravede il rischio che ulteriori poteri creino un nuovo centralismo regionale.

Più politico il discorso del nuovo segretario regionale di Rifondazione: «Un referendum strumentale, che ha come obiettivo lo scardinamento della Repubblica e della Costituzione. Non difendiamo lo Stato centralista così com'è, ma non si può essere indipendentisti per il nord e poi nazionalisti con la Le Pen». Torna l'argomento Catalogna: «Là hanno una storia repubblicana, antifranchista, di accoglienza. Vedi la manifestazione di Barcelona per difendere i rifugiati, la più grande d'Europa: considerano catalano chi vive e lavora nella comunità».

Molto deciso l'intervento di Ruzzante, esperto politico padovano: «Un referendum inutile, che non serve, e di fronte al quale tutta la sinistra è unita attorno all'astensione, così come davanti agli strappi costituzionali in corso in queste ore in Parlamento sulla legge elettorale, che mette assieme la Lega e il PD, Berlusconi e Alfano. Diciamo no a un Parlamento di nominati». Ruzzante conferma che «Zaia voleva un altro referendum, di tipo catalano, per l'indipendenza e la secessione. Ma ciò che non dice è che la legge 15 conteneva altri 4 quesiti, tutti cassati dalla Consulta e sui quali quindi non si vota: l'istituzione di una Regione Veneto a statuto speciale e tre consultazioni su materie fiscali. Pertanto non è vero che questo referendum consentirà la stessa autonomia di Bolzano che trattiene il 90% delle risorse; anzi, un giorno dopo il referendum il Veneto non avrà una competenza in più né un euro in più». Bensì, continua Ruzzante, «nella stessa identica condizione prevista dagli articoli 116 e 117 della Costituzione votati dall'Ulivo nel 2001, quando la Lega votò contro, definendolo falso decentramento».

A suggello delle sue tesi, l'esponente bersaniano osserva che solo un mese fa Zaia, in una pubblicazione allegata al quotidiano Libero, scriveva “il Veneto e la Lombardia preparano la fuga”: «Spiace vedere -prosegue il consigliere regionale- partiti non secessionisti quali il PD e il MoVimento 5 Stelle accodarsi e non aver capito la posta in gioco». E cita un episodio recente: «Sugli incidenti nei luoghi di lavoro c'è stata voglia di autonomia, chiedendo una delega ad hoc e svolgendo il ruolo di regione pilota. Questo senza aspettare il 22 ottobre, come ha fatto l'Emilia Romagna che infatti è già al tavolo di trattativa col governo». D'altronde, profetizza Ruzzante, «se in Gran Bretagna si votasse oggi, non vincerebbe la Brexit».

Dalla platea ha concluso la serata l'ex sindaco Fortunato Guarnieri, che preconizza «una notevole astensione, tale che questo referendum non sarà un plebiscito»: e se così sarà, continua l'ex leader di SEL, «ridisegneremo la politica locale». Guarnieri ritiene che «a Chioggia l'idea della secessione non abbia mai attecchito molto, rispetto ad altre zone del Veneto» e che «il referendum serva a rivendicare qualcosa per darsi una identità più forte ed essere protagonisti nella scena politica italiana, con mano libera nel futuro per chi viene da fuori». Se già le politiche sanitarie sono regionalizzate, si chiede l'ex sindaco, «di quale autonomia avremmo bisogno allora? Per fare cosa, nello specifico?». Di qui, la considerazione che «la politica veneta ha dimostrato di essere stata praticata non per i cittadini, ma per il potere economico che con il potere politico va a braccetto. Vedi il caso Mose. E la Lega era là, c'era al potere, con Zaia pure ministro. La politica veneta è entrata nelle vicende più sporche del Paese». Tutti motivi che portano la sinistra a non recarsi alle urne il 22 ottobre prossimo.

1 commento:

  1. Assodato che il referendum è stato oramai indetto, perché non esprimere la propria opinione ??

    Forse i “nuovi” comunisti hanno paura del confronto ?? O pensano che siccome c’è qualcuno che decide, tutti gli altri si devono assoggettare ??

    Se fosse per me sottoporrei a referendum anche la cittadinanza per i nati in Italia. Ecco, questa sì che sarebbe una bella consultazione, ma certamente i catto-comunisti non ci sento

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