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venerdì 28 aprile 2017
SVOLTA NELL'ACCOGLIENZA: IL COMUNE DI CHIOGGIA VERSO L'ADESIONE ALLO SPRAR PER I RIFUGIATI
Era solo una commissione consiliare, ma la svolta ha il sapore dell'epocale, e come logico non ha mancato di suscitare passioni e sentimenti forti, naturalmente nei due sensi opposti. Si parla dell'adesione del Comune di Chioggia al progetto Sprar, ovvero il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che responsabilizza gli enti locali, rendiconta la gestione, impone numeri certi all'accoglienza ed evita gli assembramenti sul modello Conetta. L'iniziativa, partita dalla maggioranza stellata, ha incontrato il plauso di Barbara Penzo (PD) che fa parte anche delle associazioni antitratta, e porte non chiuse da Beniamino Boscolo (Forza Italia) e Marcellina Segantin (ChioggiaViva), mentre è totale l'opposizione del leghista Marco Dolfin.
Di cosa si tratta? Di un modello che, adottato già da alcune realtà circostanti (di ogni colore politico) come Padova, Rovigo, Mirano, San Donà di Piave e ora anche Mira, riduce a un massimo di 2.5 su mille abitanti il numero dei migranti accolti da ogni Comune -a Chioggia la cifra darebbe 125 unità- e li avvia a un percorso di integrazione che prevede l'insegnamento della lingua italiana e lo sviluppo delle personali capacità lavorative di ognuno. Il contrario di quei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) dove i richiedenti asilo stanno anche per due anni e più senza ottenere informazioni certe riguardo il visto né potersi impegnare in opere utili a sé e alla società. Il tutto attraverso controlli molto rigidi, che partono dall'accreditamento severo dell'ente gestore, il quale deve avere requisiti specifici come due anni di attività nel settore con riscontri positivi, nessuna improvvisazione né controversie. E il garante è il Comune, non più soggetto a telefonate dell'ultim'ora da parte del prefetto per assegnare nuovi arrivi a fondo perduto e magari in strutture non sempre idonee o già sovraccariche.
Alla commissione era presente Paolo Tosato, delegato di FederSolidarietà Veneto, e nel tavolo della cooperazione di ConfCooperative. L'assessora al sociale, Patrizia Trapella, ha introdotto la questione parlando di una «miglior governance di un fenomeno che non possiamo subire, come accade ora con una difficile gestione. Gli Sprar rappresentano un circolo virtuoso e positivo: la città riceverà un indotto stimato in 3 milioni di euro in 3 anni, con l'apertura di opportunità professionali per operatori dei servizi sociali, mediatori culturali, psicologi, docenti, catering, pulizie etc. I soldi che il Comune riceverà non saranno spesi per i migranti ma nelle altre carenze. Lo Sprar è tutt'altro che un business, come a volte accade nei Cas. Non vogliamo mettere una bandierina politica ma porre attenzione a un problema reale e non emergenziale. A questo stiamo arrivando dopo altre città, ma stiamo arrivando».
Dal canto suo il dottor Tosato spiega: «Negli Sprar abbiamo il 95% di persone che hanno già ottenuto il diritto d'asilo e la conseguente protezione, anzi è l'unico modo per accelerare percorsi di integrazione. Il Comune può ricevere finanziamenti ad hoc. Tutto è rendicontato, non un sistema forfettario bensì a rimborso, a garanzia che non si fa come nei Centri d'accoglienza straordinaria. Ad esempio, su 30 persone passate dallo Sprar di Piazzola sul Brenta in due anni, tutte e trenta ora lavorano. Anche Mirano e San Donà hanno già visto effetti positivi». Tosato nota però come nel territorio del Comune di Chioggia non sia operativo nessun ente che abbia i requisiti per poter gestire uno Sprar (la Caritas non è cooperativa ma ente morale): circostanza che favorirà comunque le assunzioni in loco per far fronte al servizio, fra l'altro tutti posti di lavoro “nuovi” e spesso necessitanti di formazione specifica a livello universitario, atta a creare competenze specifiche. «Negli Sprar ci si sta 6 mesi o 2 anni al massimo», conclude Tosato: «La Germania ha 2milioni di arrivi l'anno, ma li sa gestire. Noi riceviamo 200mila arrivi e non li sappiamo gestire per via del protocollo di Dublino III», che impone al primo stato dove sbarcano i migranti l'onere di valutare la veridicità delle richieste di asilo politico.
Se Beniamino Boscolo polemizza («Non sono contrario allo Sprar, anche se trovo difficile che i servizi sociali del Comune riescano a controllare, essendo sottodimensionati. Ma sicuramente toglierei dalla delibera “per pochi affaristi” relativo alla gestione dei Cas. Si riferisce forse all'ente morale Caritas che ha gestito i 140 migranti finora?»), la consigliera democratica Barbara Penzo plaude al nuovo sistema: «Ben venga lo Sprar, arriva anche troppo tardi, anche se avrei preferito un percorso diverso. Il nostro Comune non è mai stato presente ai tavoli convocati, ho certezza di questo. Lo Sprar è spinta velocissima per arginare il numero degli arrivi qui. Solo Spinea e Belluno come Comuni hanno formulato progetti in autonomia», senza appoggiarsi a un gestore. «Ma fin che i migranti stanno nei Cas per due anni -conclude Penzo- non sono utili manco a se stessi, senza contare che non vogliono restare qua. Quindi devono acquisire ciò che serve per non essere divorati da reti criminali».
Mentre Marcellina Segantin pone all'amministrazione alcuni interrogativi, invocando realismo, («informare la cittadinanza dei contenuti del progetto, reperire l'ente gestore, capire i tempi di permanenza»), è bagarre fra Marco Dolfin della Lega e l'assessora Trapella: «Questo tema troverà la mia contrarietà in tutto e per tutto», esordisce il primo. «Cosa fate per i chioggiotti? Gli Sprar danno lavoro solo a una fascia medio-alta di istruzione. Ora viene facile pensare perché certi immobili del territorio non siano stati inseriti nel piano di alienazione...». Dolfin smentisce che la prefettura abbia mai chiamato il Comune, «ma direttamente gli albergatori. Ora invece il Comune vuole entrare nella gestione di un business, il MoVimento 5 Stelle vuole guadagnare su questo business e permette l'invasione del Paese». Dolfin è stato duramente attaccato dalla Penzo: «Sei la dimostrazione che manca la corretta informazione», venendo applaudita dal M5S e dalla stessa Trapella. Che si è dichiarata «allibita, poiché Dolfin non ha compreso che il Comune è l'unico titolare del finanziamento, mentre il gestore è un ente del privato sociale. Sono soggetti del tutto diversi. Cona è un Cas, non uno Sprar. Bisogna studiare e approfondire. Mi chiedo se Dolfin vive a Chioggia, e se conosce la situazione attuale dei servizi sociali e quanto fanno ogni giorno per i cittadini locali. Ad esempio è la prima volta che Chioggia partecipa dal 2009 ai bandi territoriali per i lavori di pubblica utilità, facendo lavorare 15 persone. Detto questo, mi auguro fortemente che lo Sprar venga approvato, ci credo fermamente». Chissà cosa ne pensa Luigi di Maio, vicepresidente grillino della Camera, che negli ultimi giorni non è certo stato tenero in tema di immigrazione. Quanto a Chioggia, la parola passa alle prossime sedute del consiglio comunale.
Di cosa si tratta? Di un modello che, adottato già da alcune realtà circostanti (di ogni colore politico) come Padova, Rovigo, Mirano, San Donà di Piave e ora anche Mira, riduce a un massimo di 2.5 su mille abitanti il numero dei migranti accolti da ogni Comune -a Chioggia la cifra darebbe 125 unità- e li avvia a un percorso di integrazione che prevede l'insegnamento della lingua italiana e lo sviluppo delle personali capacità lavorative di ognuno. Il contrario di quei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) dove i richiedenti asilo stanno anche per due anni e più senza ottenere informazioni certe riguardo il visto né potersi impegnare in opere utili a sé e alla società. Il tutto attraverso controlli molto rigidi, che partono dall'accreditamento severo dell'ente gestore, il quale deve avere requisiti specifici come due anni di attività nel settore con riscontri positivi, nessuna improvvisazione né controversie. E il garante è il Comune, non più soggetto a telefonate dell'ultim'ora da parte del prefetto per assegnare nuovi arrivi a fondo perduto e magari in strutture non sempre idonee o già sovraccariche.
Alla commissione era presente Paolo Tosato, delegato di FederSolidarietà Veneto, e nel tavolo della cooperazione di ConfCooperative. L'assessora al sociale, Patrizia Trapella, ha introdotto la questione parlando di una «miglior governance di un fenomeno che non possiamo subire, come accade ora con una difficile gestione. Gli Sprar rappresentano un circolo virtuoso e positivo: la città riceverà un indotto stimato in 3 milioni di euro in 3 anni, con l'apertura di opportunità professionali per operatori dei servizi sociali, mediatori culturali, psicologi, docenti, catering, pulizie etc. I soldi che il Comune riceverà non saranno spesi per i migranti ma nelle altre carenze. Lo Sprar è tutt'altro che un business, come a volte accade nei Cas. Non vogliamo mettere una bandierina politica ma porre attenzione a un problema reale e non emergenziale. A questo stiamo arrivando dopo altre città, ma stiamo arrivando».
Dal canto suo il dottor Tosato spiega: «Negli Sprar abbiamo il 95% di persone che hanno già ottenuto il diritto d'asilo e la conseguente protezione, anzi è l'unico modo per accelerare percorsi di integrazione. Il Comune può ricevere finanziamenti ad hoc. Tutto è rendicontato, non un sistema forfettario bensì a rimborso, a garanzia che non si fa come nei Centri d'accoglienza straordinaria. Ad esempio, su 30 persone passate dallo Sprar di Piazzola sul Brenta in due anni, tutte e trenta ora lavorano. Anche Mirano e San Donà hanno già visto effetti positivi». Tosato nota però come nel territorio del Comune di Chioggia non sia operativo nessun ente che abbia i requisiti per poter gestire uno Sprar (la Caritas non è cooperativa ma ente morale): circostanza che favorirà comunque le assunzioni in loco per far fronte al servizio, fra l'altro tutti posti di lavoro “nuovi” e spesso necessitanti di formazione specifica a livello universitario, atta a creare competenze specifiche. «Negli Sprar ci si sta 6 mesi o 2 anni al massimo», conclude Tosato: «La Germania ha 2milioni di arrivi l'anno, ma li sa gestire. Noi riceviamo 200mila arrivi e non li sappiamo gestire per via del protocollo di Dublino III», che impone al primo stato dove sbarcano i migranti l'onere di valutare la veridicità delle richieste di asilo politico.
Se Beniamino Boscolo polemizza («Non sono contrario allo Sprar, anche se trovo difficile che i servizi sociali del Comune riescano a controllare, essendo sottodimensionati. Ma sicuramente toglierei dalla delibera “per pochi affaristi” relativo alla gestione dei Cas. Si riferisce forse all'ente morale Caritas che ha gestito i 140 migranti finora?»), la consigliera democratica Barbara Penzo plaude al nuovo sistema: «Ben venga lo Sprar, arriva anche troppo tardi, anche se avrei preferito un percorso diverso. Il nostro Comune non è mai stato presente ai tavoli convocati, ho certezza di questo. Lo Sprar è spinta velocissima per arginare il numero degli arrivi qui. Solo Spinea e Belluno come Comuni hanno formulato progetti in autonomia», senza appoggiarsi a un gestore. «Ma fin che i migranti stanno nei Cas per due anni -conclude Penzo- non sono utili manco a se stessi, senza contare che non vogliono restare qua. Quindi devono acquisire ciò che serve per non essere divorati da reti criminali».
Mentre Marcellina Segantin pone all'amministrazione alcuni interrogativi, invocando realismo, («informare la cittadinanza dei contenuti del progetto, reperire l'ente gestore, capire i tempi di permanenza»), è bagarre fra Marco Dolfin della Lega e l'assessora Trapella: «Questo tema troverà la mia contrarietà in tutto e per tutto», esordisce il primo. «Cosa fate per i chioggiotti? Gli Sprar danno lavoro solo a una fascia medio-alta di istruzione. Ora viene facile pensare perché certi immobili del territorio non siano stati inseriti nel piano di alienazione...». Dolfin smentisce che la prefettura abbia mai chiamato il Comune, «ma direttamente gli albergatori. Ora invece il Comune vuole entrare nella gestione di un business, il MoVimento 5 Stelle vuole guadagnare su questo business e permette l'invasione del Paese». Dolfin è stato duramente attaccato dalla Penzo: «Sei la dimostrazione che manca la corretta informazione», venendo applaudita dal M5S e dalla stessa Trapella. Che si è dichiarata «allibita, poiché Dolfin non ha compreso che il Comune è l'unico titolare del finanziamento, mentre il gestore è un ente del privato sociale. Sono soggetti del tutto diversi. Cona è un Cas, non uno Sprar. Bisogna studiare e approfondire. Mi chiedo se Dolfin vive a Chioggia, e se conosce la situazione attuale dei servizi sociali e quanto fanno ogni giorno per i cittadini locali. Ad esempio è la prima volta che Chioggia partecipa dal 2009 ai bandi territoriali per i lavori di pubblica utilità, facendo lavorare 15 persone. Detto questo, mi auguro fortemente che lo Sprar venga approvato, ci credo fermamente». Chissà cosa ne pensa Luigi di Maio, vicepresidente grillino della Camera, che negli ultimi giorni non è certo stato tenero in tema di immigrazione. Quanto a Chioggia, la parola passa alle prossime sedute del consiglio comunale.
1 commento:
Chioggia Azzurra suggerisce ai gentili lettori la registrazione di un proprio account Google -anche attraverso uno pseudonimo- con il quale commentare gli articoli, al fine di favorire una miglior comprensione dell'identità digitale tra utenti. Non è nostra intenzione schedare o rintracciare in qualche modo chi commenta anonimamente; anzi lasciamo in tal senso la massima libertà al lettore di non declinare le proprie generalità, restando però nell'ambito del buon gusto e della corretta educazione nel commentare senza offendere alcuno. Siamo certi di essere compresi in questa esigenza, e per questo Chioggia Azzurra ringrazia.
Non basta il governo nazionale a dare i numeri, adesso ci si mettono anche i comuni.
RispondiEliminaL'assessore al sociale, Patrizia Trapella, dice :
«..la città riceverà un indotto stimato in 3 milioni di euro in 3 anni, con l'apertura di opportunità professionali per operatori dei servizi sociali, mediatori culturali, psicologi, docenti, catering, pulizie etc. »
Questo per 125 unità d’immigrati. E perché allora non ne facciamo venire 250, 500 o 1000. Cosi facendo, daremo ancora più opportunità ad altra gente di trovare lavoro. Ancora meglio, andiamo a prenderceli noi in Africa, in Siria, in Congo….. così daremo lavoro a tutta Italia.
Puttanate, sono puttanate. I finanziamenti da dove arrivano ?? Risposta : dalle tasse degli italiani. Qualcuno obietterà che tali finanziamenti sono sovvenzionati con fondi europei. E qui ci sta in’altra domanda : e i fondi europei da dove arrivano ?? Risposta : sempre dalle tasse dei paesi membri, quindi anche soldi nostri.